7 gennaio 2013

Ai funerali di solito...

Io, Alberto e Giank
Ai funerali di solito la gente è tutta vestita di nero, anche se molti di nero hanno solo i vestiti... no no non è stato così al funerale di Alberto.
Ai funerali di solito la gente non si conosce tutta, si formano piccoli gruppetti che si guardano in cagnesco tra di loro chiedendosi chi siano gli altri o per criticare il modo di vestire o ancora per criticare chi c'era e chi non c'era e quante lacrime ha versato chi... no, no, nemmeno così è stato.
Ai funerali di solito ci sono persone che soffrono sul serio (pochi), altre che non vedono l'ora che finisca tutto perché hanno altro da fare, altre ancora che partecipano perché altrimenti è brutto non farlo soprattutto se si spera di ottenere qualcosa in eredità, e altri, infine che sono lì solo per curiosità... no, no, assolutamente no, così non è stato venerdì.
Ai funerali di solito, quando finiscono, ognuno se ne va per conto suo o a casa del defunto e non ci si azzarda nemmeno a dire: "Però io avrei fame!", perché, si sa, non si può pensare a una cosa del genere in un momento del genere... cavoli... però, nemmeno così è andata!

Allora come è stato?

E' stato strano sicuramente, certamente doloroso, ma anche bello!

E' stato strano giovedì sera aprire l'armadio, tirare fuori la mia divisa verde, nera e oro e pensare di doverla indossare ad un funerale... una divisa di Star Trek ad un funerale... prima che Gabriella ce lo chiedesse, al telefono, con altri amici ci eravamo detti: "Al funerale non ci sarà mica qualcuno in divisa vero?"... poi invece quando abbiamo visto la richiesta di Gabriella ci è sembrato naturale, è sembrato naturale, mentre preapravo i bagagli, sentire Giank dire: "Non ho una divisa che mi vada bene, vado da Ultimo avamposto e ne compro una!", ci è sembrato naturale guardarci allo specchio e vedere noi tre in verde, rosso e giallo e dire: "Ora sì che siamo pronti!"

E' stato doloroso. Un dolore che si poteva palpare nell'aria, un dolore che era comune a tutti, un dolore che non si può descrivere.
Eravamo tutti attorno, o dentro, la casa di Alberto e Gabriella, non c'erano gruppetti divisi, io conoscevo quasi tutti ed ho impiegato più di un'ora ad abbracciare tutti gli amici, non c'erano persone più affrante di altre, magari il dolore veniva dimostrato in modo diverso ma c'era, e si sentiva oggettivamente.
A volte sono stata consolata e a volte ho consolato. Non ricordo chi mi ha stretto la mano, chi mi ha dato il coraggio e mi ha accompagnato a vedere Alberto per l'ultima volta e non ricordo chi mi ha abbracciato e sostenuto nei momenti più crudeli, come non ricordo chi ho sostenuto... ma non importa chi era l'uno o l'altro, avevamo tutti lo stesso stato d'animo, che era di un nero profondo dentro alle nostre divise colorate.
Non importa perché, come ha detto Gabriella, siamo tutti una stessa famiglia anche se con cognomi diversi... io aggiungo: una di quelle Famiglie Vere però, dove ancora contano i legami... e quindi chiunque ti prenda per mano è una persona che ti comprende e che prova le stesse cose che stai provando tu.

E' stato bello. Ovvio, i funerali non sono mai belli, invece questo a modo suo lo è stato, soprattutto dopo, quando ci siamo trovati in pizzeria. Sembra un'assurdità, ma a chi ha potuto fermarsi è servito... a me è servito poiché ora non piango più.
E' in pizzeria che il funerale è diventato una piccola convention. E' così che siamo riusciti a far spuntare tra le lacrime qualche sorriso, a chiacchierare su come abbiamo conosciuto Alberto, su quali fossero stati gli ultimi momenti in cui abbiamo avuto a che fare con lui, su come, in un modo o nell'altro, ci avesse cambiato la vita, a parlare dei ricordi di una vita, di molte vite... anche Gabriella era sorridente... il sorriso della consapevolezza di una vita passata con un uomo che ha avuto tanto da insegnare a molti, che ci lascia un'eredità che è l'eredità più preziosa che si possa lasciare: il suo esempio!
 
 Grazie Alberto!

Ora quello che possiamo fare noi per ripagare, almeno in parte, tutto ciò che abbiamo ricevuto è quello di portare avanti il suo sogno... e ce la faremo... siamo noi il suo sogno... siamo noi lo STIC!

Gabriella, siamo tutti con te! Un abbraccio enorme!

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